mercoledì 15 giugno 2016

We are Family.

La famiglia è una cosa strana. È quel posto che chiami casa anche quando la casa non c'è. Quel posto in cui ti senti protetta e che ogni tanto devi lasciare per volare da sola. La famiglia è la tavolata di Natale che rimpiangi e da cui vorresti fuggire. È quella che ti manca quando sei lontano e che non sopporti quando sei troppo vicino. La famiglia è quella che ti costruisci da solo quando forse non è più il caso di partecipare ai matrimoni degli amici per indossare cappellini alla Regina Elisabetta, o per approfittare dell'open bar! È quella che ti crei lungo il percorso: c'è qualcuno che è sempre stato lì, qualcuno ha scelto un'altra strada, altri ancora hanno, per fortuna, incrociato la tua.

La famiglia è anche il pranzo da zio Bruno quando torni a casa e il pesce è stato un miraggio per troppi mesi. È famiglia per te, perché è zio davvero, ma è famiglia un po' per tutti. Per quelli che cenano con una nuova compagnia e per quelli che pranzano con la vecchia; ché tanto si sa, da Bruno e Francesca1 si sta bene anche a gennaio, alla solina, contemplando il mare d'inverno.


Perché le famiglie sono così, come un'insalata di mare sono fatti da tanti pesci diversi che si completano l'un l'altro. Qualche volta sono uno spaghetto con le cicale: gustoso e saporito, ma richiedono un certo impegno per essere apprezzate fino in fondo. Altre volte sono come un filetto di gallinella in crosta di patate: croccanti, quasi rigide fuori, a protezione di un interno morbido e delicato. In rari, rarissimi casi sono semplicemente perfette come i dolci cremosi che Francesca prepara con amore. Perché di fatto, la famiglia è questo: amore.




1Sunrise: Via Roma 20, 58043, Castiglione della Pescaia (GR).
 Telefono: 3336333103

giovedì 4 febbraio 2016

Gli zii. (Domenico & Stefano)

Non tutti sanno che una delle aziende in cui sogno di lavorare è quella fondata agli inizi degli anni Novanta da Zio Domenico e Zio Stefano. Le origini del nostro amore (per il momento a senso unico) si potrebbero definire di vecchia data e dal principio un po’ anticonvenzionale. I nostri primi incontri risalgono circa ad una quindicina di anni fa quando sbirciando nell’armadio di mamma notai qualche cappotto e maglione con l’inconfondibile etichetta nera con le due lettere e una “e” commerciale scritte in bianco. Le mie incursioni nel guardaroba non sono finite, ovviamente, e litighiamo ancora per la proprietà di una borsa da mare tigrata che lei tiene come un oracolo. Vista e considerata l’assenza di internet nella mia vita, mi chiedo come abbia fatto all’epoca a scoprire i prezzi, bah! Fatto sta che, una volta saputi, mi sembravano del tutto irragionevoli: come era possibile che quei capi d’abbigliamento costassero così tanto?! Che poi mica lo so, adesso, quanto fosse il mio “tanto” intorno ai sette anni, per giunta in Lire! Oggi, una triennale in economia e un semestre di marketing dopo, ho scoperto l’arcano e il nostro è diventato un legame indissolubile (sì, per ora è sempre a senso unico, abbiate pazienza).

Ma torniamo ai primi tempi della nostra relazione. Gli incontri non si limitavano all'armadio di mamma, ma continuavano in una delle boutique storiche di Castiglione che dal millenovecentocinquantasette veste le donne del Paesello e non. I pomeriggi trascorsi nell'ufficio-barra-magazzino de Il Cavalluccio sono più che numerosi. Io e Nina (la figlia della proprietaria), dopo aver fatto i compiti, ci divertivamo ad immaginare vendite improbabili a facoltose signore di non si sa dove, circondate da abiti, maglie, guêpière, borse di paglia di alcune tra le più prestigiose aziende di moda degli anni Novanta. Da Dolce&Gabbana a Moschino, da Orciani a Jean Paul Gautier.  Chissà, forse è proprio in quell'ufficio al primo piano di un negozio castiglionese che è nata la mia passione per questo mondo.

Durante i suoi quasi sessant’anni di attività, Il Cavalluccio ha saputo cambiare riuscendo sempre ad anticipare le tendenze. Non sono solo le aziende ad essere cambiate, ma anche il nome e l’atmosfera della boutique. Da un più tradizionale ed arancione Il Cavalluccio è diventato  48…Il Cavalluccio, con un chiaro rimando al concept store milanese di Corso Como, dove aziende pressoché sconosciute facevano capolino in un moderno ambiente crema e nero. Infine, dopo aver lasciato l’indirizzo storico, è oggi Il Cavalluccio già Galleggiante¹ creando un gioco di parole con il nome del negozio che precedentemente occupava quello spazio. Uno spazio molto più ampio e luminoso in cui complementi d’arredo retrò e moderni oggetti di design si sposano in un matrimonio vincente. Dove aziende più conosciute vanno a braccetto con le nuove leve.




¹Il Cavalluccio già Galleggiante: via San Benedetto Po 1, 58043 Castiglione della Pescaia.
 Telefono: 0564 933457

giovedì 14 gennaio 2016

Tu vuò fa l’Americano.

Tra le pagine di un ricettario Romano del quarto secolo, si legge di una preparazione in cui carne di manzo, pinoli, grani di pepe e vino bianco, venivano amalgamati e cotti in forma di medaglioni. Vi ricorda qualcosa? Forse quell’americanata dell’hamburger?! Nient’affatto, i nostri Antichi Romani, c’avevano visto lungo e l’isicia omentata può essere dichiarata la più antica precorritrice dell’odierno hamburger. Ma non erano i soli. Anche se con un ritardo di ben otto secoli, i cavalieri dell’Orda d’Oro di Genghis Khan, troppo impegnati per fermarsi per il pasto principale, erano soliti portarsi il pranzo al sacco. Anzi, più che al sacco, direi “alla sella”! Sotto questa, infatti, venivano messe fette di carne cruda, una bella cavalcata e, grazie al calore e lo sfregamento, il pranzo era servito. Una squisitezza, non trovate?! Con la successiva invasione di Mosca, la ricetta della carne tritata si diffuse tra i Moscoviti con il nome di “Bistecca alla tartara”, sicuramente molto chic. Le tracce del nostro amato hamburger, tuttavia, si perdono tra le pagine della Storia fino alla fine del diciottesimo secolo quando fa capolino l’Hamburgh Sausage: carne tritata, noce moscata, chiodo di garofano, pepe nero, aglio e sale, tipicamente servito con pane abbrustolito. La colonizzazione dell’America da parte dei Tedeschi che salpavano dal porto di Amburgo, ben forniti di Hamburgh Sausages fece il resto. E l’hamburger, da europeo che era, divenne ben presto uno dei simboli del Paese a stelle e strisce.

Confesso di aver scoperto questa storia di recente, mentre gironzolavo su internet alla ricerca di come l’hamburger fosse nato. Per me era il simbolo culinario americano per eccellenza, insieme al burro d’arachidi e alla Cheese cake, e scoprire che le sue radici sono europee ha fatto crollare solide certezze! Resta però la rassicurante consapevolezza che i fratelli McDonald, sebbene europei di nascita, diedero vita al loro business di hamburger in quel di San Bernardino in California. Ma noi Italiani ‘sta storia del fast food non ci è mai piaciuta più di tanto e, armati della nostra proverbiale creatività, abbiamo ricreato l’hamburger a nostra immagine e somiglianza: buono, sano e Made in Italy.

E poteva forse mancare al Paesello un hamburgeria con la ciccia buona?! Certo che no!! La Casina Kitsch¹ è un piccolo localino abbarbicato sulla ripida viuzza che porta al cinema all’aperto (delizioso perché tra mura medioevali, ma con poltrone di dubbia comodità) e allo splendido castello dalle tre torri. L’atmosfera è conviviale e d’altronde, un po’ per le dimensioni ridotte del locale, un po’ per quelle abbondanti dei panini non potrebbe essere altrimenti! Eh, già. Perché gli hamburger non hanno proprio niente a che vedere con quelli delle grandi catene americane, a partire dalle dimensioni fino ad arrivare agli ingredienti. Il mio preferito è il Castiglionese, in cui ogni morso trova un letto di lattuga e pomodori in un piacevole contrasto con il calore della carne², per poi concludersi con la delicata croccantezza delle zucchine in tempura. Ora capite bene che una simile architettura non può essere costretta in pochi centimetri di altezza, e affrontare tutti questi gradini ideali in un sol boccone spaventerebbe chiunque. Per cui vi do un consiglio: prendetevi il vostro tempo, assaporate ogni morso, sorseggiate un po’ di Coca ghiacciata, sgranocchiate una chips di patata, girate l’hamburger e ricominciate da capo. Il “fast” lasciamolo pure agli americani, noi facciamo “slow”.




¹Casina Kitsch: Via Italo Calvino 3, 58043 Castiglione della Pescaia.
 Telefono: 334 236 2195

²Rigorosamente chianina

sabato 31 ottobre 2015

L’Istituzione.

Milano è una gran bella città, ma per una Toscana doc come me, l’adattamento non è stato facile facile. E lo scoglio più arduo non è stato la proverbiale nebbia, il milanese imbruttito o l’aumento delle distanze. No, la cosa peggiore a cui mi sono dovuta adattare è stato il pane. E non solo perché è salato, ma anche perché era un dettaglio a cui facevano un po’ tutti caso, e il tipico abitante meneghino sa essere davvero diabolico nel prendere in giro! Così, riconoscendo la mia ignoranza, mi sono documentata. Ho scoperto ben tre motivi per cui il pane toscano è sciocco. Il primo dice che si tratti di una tradizione che affonda le sue radici nel 1100 quando la rivalità tra Pisa e Firenze, indusse la prima a bloccare i rifornimenti di sale nel confronti della seconda; i fiorentini non si scomposero più di tanto e si fecero piacere il pane senza sale. Anche il secondo motivo è di natura economica: il capoluogo toscano finanziava le proprie casse con la tassa sul sale e i cittadini, pur di non pagare la tassa, adattarono i palati al pane sciocco. Infine, last but not least, un motivo culturale: l’avete mai mangiato il prosciutto toscano? Ecco, la nostra cucina è particolarmente sapida e il pane sciocco prova a stemperarla un po’, se no, altro che sete!

Ma l’Istituzione del titolo non è il pane, è una donna: Franchina. Alimentaria Menicucci¹  all'anagrafe,  per tutti “Da Franca”, la bottega, è una di quelle che riescono a sopravvivere solo nei paesi con meno di diecimila anime, in cui il rapporto con il cliente è quello di una volta, vero e sincero. È talmente vero che da Franca si riesce a creare la fila anche con un paio di persone, perché tutti si conoscono e la chiacchiera è inevitabile. Ma soprattutto è vero perché non è privo di screzi: non avete idea di quante volte abbia sentito mio nonno e Franchina punzecchiarsi dopo le partite delle Juve, di cui lei è una tifosa appassionata e lui un instancabile detrattore!
Franca è un’istituzione perché la trovi aperta tutti i giorni, eccetto Natale e Capodanno. Oddio, a Natale non lo so mica se è chiusa, sapete? Anzi, mi pare proprio che la mattina sia “a bottega”. Ma come in ogni azienda che offre un tale servizio alla clientela, la più grande incognita è la seconda generazione. Luca, il figlio, è un ragazzo (classe 1963) pieno di passioni, ma diciamo che quella della bottega non rientra nella sua top five. Inutile dire che l’argomento è motivo di frequenti e scherzose battute tra i paesani.
Se anche non vendesse i prodotti deliziosi che vende, andare da Franchina meriterebbe per il semplice fatto di vedere una bottega storica di Castiglione in cui è frequente incontrare qualche ragazzo over settanta che ti racconta un aneddoto su com'era il Paese tanti tempo fa.
I prodotti? Dalla pizza di Tirli, unta, saporita e leggermente croccante, alla schiaccia² morbida, secca e alla pala. Dalle uova freschissime delle galline di famiglia, alla ricotta appena tolta dalla fuscella³ e ancora imperlata di siero. Dal salatissimo prosciutto toscano alla bozza. Lei, la bozza è la regina incontrastata tra i prodotti e sento il dovere morale di spendere qualche parola in più: la crosta rugosa, spessa e croccante racchiude una mollica bella gadolla. Che ve lo dico a fare?! Se non fossero carboidrati che finiscono dritti dritti sul girovita, potrei mangiarne una interna, così, senza nient’altro.
Insomma, per me, Franca è davvero un’icona, al punto che ogni mio rientro in Patria è sancito da un suo panino (per l’esattezza una tartaruga, fate conto un quadrato di dieci centimetri per lato) farcito con un etto di prosciutto, rigorosamente toscano.




¹Latteria Alimentari Menicucci: Via della Fonte, 58043 Castiglione della Pescaia.
Telefono: 0564 933458
²Si definisce schiaccia o schiacciata una focaccia cotta al forno, condita con olio extravergine d’oliva o sale.
³La fuscella è il tipico contenitore a forma di tronco di cono.
4Per gadollo si intende qualcosa di florido, rigoglioso, prospero e paffuto; spesso preceduto dall’aggettivo “bello”


lunedì 19 ottobre 2015

Tortello sharing.

Con il termine car sharing si indica il servizio che consente di utilizzare un’auto per un determinato periodo di tempo, pagando una tariffa in base al tempo in cui se ne dispone. Nei modelli più evoluti, perché diciamocelo, è una pratica piuttosto datata, il tutto si svolge grazie ad un'App che consente di localizzare le automobili su una mappa, scegliere la più vicina, prenotarla ed infine persino aprirla, per poi vedersi addebitato il saldo direttamente sulla carta prepagata registrata. È un modello di business che consente di spostarsi in città con una macchina, senza necessariamente doverne avere una di proprietà e quindi, tra le altre cose, senza doverne pagare il bollo, la benzina e persino il parcheggio! Insomma, una figata pazzesca! Fin qui tutto chiaro. Anzi no: cosa diamine c’entra il car sharing con il tortello?!

Il tortello è un forziere di grezza pasta all'uovo che racchiude un tesoro fatto di ricotta, bietole e spinaci, forgiato con amore da mani esperte. E per me, il miglior tortello della zona è quello di Macchiascandona¹, uno di quei ristoranti in cui la Maremma regna sovrana, dal menù ai quadri alle pareti, dall'atmosfera alla passione messa dentro a ciascuna portata. Passione che si gusta in ogni tortello.

Il problema, sorge con il condimento. Già, perché due grandi classici della tradizione si affrontano per una sfida all'ultima comanda. Da una parte c’è il ragù di carne, come quello che si faceva una volta, senza badare tanto alla linea o alle calorie, ma di una bontà unica che ad ogni boccone fa pensare ai pranzi della domenica trascorsi a casa della nonna. Dall'altra c’è il burro e salvia che, più delicato, permette di assaporare al meglio ogni ingrediente dell’opera d’arte che è il tortello, avvolgendo poi il tutto in un morbido abbraccio.

Quale scegliere? Entrambi, ovviamente! Il mio suggerimento è di andare almeno in due, prendere una porzione di tortelli al ragù, una burro e salvia e poi condividerle, come nella migliore tradizione dello sharing!




¹Ristorante Macchiascandona: via Castiglionese, 58043   Castiglione della Pescaia (GR).
 Telefono: 0564 944127

mercoledì 14 ottobre 2015

Crudo che passione!

Il nostro amore è recente. È una storia travagliata. Lui ha provato più volte, in numerose occasioni, a conquistarmi, ma io ero restia. Non mi sono concessa fino all'estate scorsa, quando in un locale di Milano gli ho dato una chance. E non c’è stata storia: il ragazzo mi ha conquistata! Da quell'incontro non ci siamo più lasciati, anche se, ahimè, ci vediamo poco spesso, ma d'altronde così va il mondo… Quello che mi ha colpito di lui è stata la freschezza, la semplicità e il suo essere così saporito. E poi è poliedrico. È uno di quei tipi dalle mille sfaccettature, ciascuna con i suoi pregi e i suoi difetti. Qual è la mia preferita?! Ma la tartare, ovviamente!
A Castiglione, in una delle vie più cool del Paesello, c’è un delizioso localino che ne fa di squisite. La CrudOsteria del Mare nasce nella primavera dell’anno scorso dalla passione di Guglielmo per il mare, la cucina e il buon vino. L’ambiente è piccolino, ma accogliente e confortevole. Il tocco in più è quello del coloratissimo arredamento anni ‘60 che gli da’ un simpatico e nostalgico gusto retrò.
Il menù è principalmente composto da piatti crudi, tra cui la mia amatissima tartare di tonno con riso e soia, ma anche gamberi rossi e salmone, calamari e pesce azzurro. Inoltre, è possibile trovare anche una selezione dei piatti serviti nel ristorante dei genitori di Guglielmo, l’Osteria del Mare (di cui vi parlerò a breve, promesso!), così da soddisfare anche i palati più tradizionali. In ogni caso, qualunque sia la vostra scelta, un buon bicchier di vino per accompagnarla sarà una garanzia!

lunedì 12 ottobre 2015

Chissà. Sarà l’aria di Milano.

Si, deve essere colpa di Milano. Anzi, ne sono certa. All'ombra della Madunnina nascono blog come funghi in Maremma dopo un acquazzone. E niente, il fascino della blogger ha colpito pure me che mai e poi mai avrei pensato di essere il tipo che si mette a scrivere su internet per dire la sua. Non che scrivere da qualche parte la propria opinione sia il demonio, eh! Anzi, ci mancherebbe. Semplicemente non mi ci vedevo, tutto qui. Anzi, detto francamente non so ancora se premerò “Invio”. Ma, insomma, se state leggendo di sicuro l’avrò fatto.

Non so ancora bene come funzioni, ma penso che a questo  punto debba far presente cosa avrei intenzione di scrivere. Dicevamo di Milano. Ecco, è qui che mi è venuta l’idea. Ci sono decine di blog che suggeriscono posti dove passare la serata nel capoluogo meneghino, sia quelli di argomento eno-gastronomico che quelli cosiddetti di lifestyle. Ma quando questi poveri¹ milanesi migrano verso lidi più soleggiati, ho come l’impressione che si sentano un po’ persi. Quindi ho pensato di aprire un blog per tutti i forestieri che d’estate, e auspicabilmente anche in altri periodi dell’anno, raggiungono il mio adorato Paesello. Molti di voi penseranno che in un paese di settemila anime sarà difficile sbagliare posto dove passare la serata, ma come i più assidui frequentatori sapranno, a Castiglione della Pescaia ci sono più ristoranti che cristiani e il rischio di padellare² è sempre in agguato! E così abbiamo spiegato il perché della “forchetta”. A onor del vero, devo dire che sono un’ottima forchetta e mi pareva il caso di farlo presente; insomma, se voglio dare suggerimenti su dove mangiare mi pare il minimo!

E così arriviamo alla gruccia. Da quando vivo in quel di Milano, ho scoperto che alcuni termini che usiamo in Maremma non hanno alcun significato al di sopra del Po. Uno di questi termini è proprio “gruccia”, ma va bene così, sono tanto orgogliosa dei miei toscanismi! Dunque, non divaghiamo. Ecco, dal momento che c’ero ho pensato di scrivere anche qualche post sui negozi che non possono mancare durante una visita nel paese del mare più bello d’Italia. Sono quei posti in cui devo portare ad ogni costo le amiche “di su” quando vengono al mare; quei negozi davanti alle cui vetrine passi sempre volentieri con una buona dose di curiosità perché, stai pur certa, non ti deluderanno! E poi, siamo sinceri, da appassionata dello sfavillante e luccicante mondo della moda, non potevo non dedicarle una sezione. E così, ecco svelata anche la “gruccia”.
Buona lettura.



Giulia





¹ Non nel senso economico del termine, eh!, che se mi sentono mi cacciano dal suolo lombardo nel giro di una manciata di secondi, giusto per sottolineare la loro proverbiale efficienza.
² Termine mutuato dal lessico venatorio. Con il termine “padella” si indica l’errore del cacciatore che, sparando un colpo, manca malamente la selvaggina. Dunque, “padellare” è usato come sinonimo di sbagliare.